ORARI DI APERTURA

Lo sportello legale dell'Ambasciata dei Diritti e l'osservatorio contro le discriminazioni sono in via Urbino, 18 - Ancona. Per appuntamenti o informazioni potete conotattarci scrivendo a ambasciata@glomeda.org

Come uccidere la Democrazia durante le vacanze


Il Coordinamento Provincia di Ancona Acqua Bene Comune ha indetto per le 9,30 di venerdì 25 gennaio presidio davanti alla SEDE dell’AATO2 Marche Jesi – Via Gallodoro, 69 per chiedere che il nuovo metodo tariffario nel conteggio delle bollette dell’acqua venga ritirato, che l’AATO2 Marche non lo recepisca e che i membri dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas si dimettano perché non stanno facendo scelte contrarie al risultato referendario.
 
 
 
Il 28 dicembre 2012, confidando nella distrazione per le feste natalizie, l’AAEG (Autorità per l’energia elettrica e il gas) ha deliberato il nuovo Metodo Tariffario per il Servizio Idrico Integrato sancendo, nei fatti, la negazione del Referendum del giugno 2011, con il quale 27 milioni di cittadini italiani si erano espressi per una gestione pubblica dell’acqua, fuori dalle logiche di mercato e per l’eliminazione dalla bolletta della “remunerazione del capitale investito”, ossia dei profitti.

L’Autorità, infatti, ha varato un sistema di calcolo della tariffa che reinserisce il profitto, sotto le mentite spoglie del “costo della risorsa finanziaria” con il quale si riconosce ai gestori la copertura, tramite tariffa, di una percentuale standard del capitale investito.

Ma l’Autorità non si limita a questo.
Viene prevista la costituzione di un fondo per nuovi investimenti (FONI), nei fatti un tributo,  considerato, però, costo di servizio e quindi inserito in bolletta, sulla quale, peraltro, inciderà anche l’ammortamento dei finanziamenti a fondo perduto (pubblici).

L’Autorità, si nasconde dietro una deliberazione amministrativa per affermare una ricetta politica che vuole speculare sui servizi pubblici essenziali, a partire dall’acqua, in perfetta coerenza con l’impostazione neoliberista e di privatizzazione dei beni comuni seguita, e confermata nella sua agenda per il prossimo governo, da Monti.

Dietro le manovre tecniche si afferma, inoltre, una sospensione democratica gravissima a danno di tutti noi.

PERCHE’ SI SCRIVE ACQUA, SI LEGGE DEMOCRAZIA.
E VOGLIAMO RIPUBBLICIZZARLE ENTRAMBE.

Coordinamento Provincia di Ancona Acqua Bene Comune

Per info:
348 3701690 - 3925039566
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Human Rights Watch: respingimenti, Ancona TRA Le città citate Nel Rapporto Internazionale. Una quotidianità di Diritti Gestiti negati

Tutti i media ne parlano da un paio di giorni, da quando Human Rights Watch ha reso pubblico “Restituiti al mittente”, il Rapporto sui respingimenti di migranti dai porti dell’Adriatico (Venezia, Ancona, Bari e Brindisi) verso la Grecia. E ancora una volta Ancona è uno dei nessi del mare Adriatico dove sistematicamente vengono negati diritti e dove l’ingiustizia è quotidiana.
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Continua la violazione delle norme di accoglienza al porto di Ancona 8 / 1 / 2013

Ancona - Respinte 18 persone al porto Continua la violazione delle norme di accoglienza al porto di Ancona 8 / 1 / 2013 Abbiamo appreso – fonte ANSA – che questa mattina la Guardia di Finanza ha trovato 18 persone all’interno di un autoarticolato sbarcato da una motonave nel porto. Si tratta di persone “in pessime condizioni igienico-sanitarie”che però sono state poco dopo riammesse in Grecia. Non era specificata età, sesso e provenienza di queste persone, ma supponiamo, per buon senso e per l’esperienza maturata in anni sul tema dell’immigrazione, che si trattasse di potenziali richiedenti asilo. Sono infatti anni che i percorsi di questi migranti che giungono nella nostra città iniziano da paesi quali l'Afghanistan, la Palestina, l’Iraq e da tutti quei territori del Medio Oriente e dell’Africa sub-sahariana attanagliati da guerre e dittature decennali. I mass media e le istituzioni continuano a chiamare queste persone clandestini. Per noi il termine clandestino ha un unico significato: che si nasconde. Ed è vero, l’abbiamo davanti ai nostri occhi la spiegazione. A questi uomini e donne, giovani ed adulti, in fuga da guerre non viene data spesso neanche la possibilità di far richiesta di asilo, uno dei diritti fondamentali sanciti da convenzioni nazionali ed internazionali. Chiamare queste persone clandestini ha lo scopo di spersonalizzarle, disumanizzarle, equipararle a criminali e quindi privarle dei loro diritti. Chiamando persone in fuga da guerre “clandestini” assistiamo complici ad un sistema politico e di (in)giustizia che creano una reazione a catena: non si affrontano i problemi socio-politici legati alle migrazioni e alla loro accoglienza, contribuendo alla formazione di un sistema sociale basato sull'ingiustizia e sull'occultamento della complessità del reale. Rimandare queste persone in Grecia significa rimandarle a morire. Lo abbiamo già detto tante volte e lo ribadiamo: La Grecia è stata più volte denunciata dall’UNHCR e dalla comunità europea poiché viola le norme sull’accoglienza non riconoscendo praticamente a nessuno l’asilo politico (vengono accolte solo lo 0.04% delle domande presentate), per non parlare delle violenze neofasciste che gli stessi migranti sono costretti a subire quotidianamente nelle città elleniche. Ambasciata dei Diritti Ancona Chi erano queste persone? Come si chiamavano? Chiediamo alle istituzioni locali, comune e regione, di prendere posizione rispetto a fatti come questi. Chiediamo ancora una volta che non vengano più riammesse in Grecia persone trovate nei traghetti senza documenti e che venga data loro la possibilità di avere un accoglienza dignitosa, che sia dato agli operatori del GUS più tempo per valutare ogni singola richiesta e non solo le poche ore che separano l'arrivo dalla partenza della stessa nave, che gli stessi possano valutare con più serenità e magari il sostegno di altre organizzazioni la possibilità di un accoglienza più umana. Chiediamo un sistema in grado di affrontare la complessità, con giustizia e garanzia del diritto ad una vita dignitosa per tutti. Continua...

A Enrico, Zeno, Mattia e Marco, esprimiamo tutta la solidarietà, vicinanza, complicità!

La giornata del 14 novembre scorso è ancora nitida nei nostri occhi. Una grande giornata di lotta europea, con scioperi, blocchi stradali, occupazioni, manifestazioni e cortei, che ha visto scendere in piazza tutti coloro che desiderano, lavorano e mettono ogni giorno i proprio corpi per la difesa del posto di lavoro, per reclamare reddito, per i diritti di cittadinanza, per una scuola e un’università di tutt@. Il 14 novembre è stata una giornata ribelle e gioiosa in cui donne e uomini di tutta Europa si sono organizzati per manifestare in piazza il proprio dissenso alle politiche di austerity targate BCE e rivendicare un futuro di diritti e libertà contro i grandi della finanza internazionale e dei loro “delegati” territoriali chiamati ad emanare leggi che inculcano sottomissione e paura per un futuro che quotidianamente ci viene negato. Ma è stata anche una giornata di inaudita violenza delle “forze dell'ordine” (e dei lacrimogeni che cadendo dal tetto del Ministero di Giustizia “rimbalzavano contro i muri” abbattendosi “accidentalmente” sui manifestanti), oltretutto ampiamente documentata. Liberi tutti, subito!. A quasi due mesi da quella grande giornata di mobilitazione europea la risposta che riceviamo è, come sempre più spesso accade, un’operazione giudiziaria sproporzionata e repressiva: ieri mattina infatti la Questura di Padova ha notificato a due nostri fratelli gli arresti domiciliari e ad altri due l’obbligo di firma, con le assurde accuse di interruzione di pubblico servizio, resistenza aggravata a pubblico ufficiale e lesioni in concorso. Questa manovra rappresenta l’ennesima forma di intimidazione legalitaria agita verso i movimenti, per tentare di intimidire le centinaia di migliaia di persone che, rompendo l’indifferenza e il silenzio, rivendicano il diritto di vivere una vita senza il ricatto di un debito che non hanno contratto e di una crisi che non hanno prodotto. La risposta della magistratura di Padova evidenzia il vuoto politico italiano e risponde ad una precisa logica che vorrebbe risolvere la gravissima situazione sociale criminalizzando il dissenso e privando della libertà chi mette il proprio corpo in prima fila a rivendicare e determinare un radicale cambiamento delle politiche economiche e sociali. Chi oggi ha colpito quattro nostri fratelli, voleva colpire anche tutt@ noi. Ma si sbagliano di grosso. Le loro gabbie, possono starne certi, non fermeranno la nostra voglia e la nostra determinazione di costruire un’alternativa alla miseria del presente. A Enrico, Zeno, Mattia e Marco, esprimiamo tutta la solidarietà, vicinanza, complicità!. Continua...