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NO RIGASSIFICATORE! Ecco il nostro NO motivato.


Oggi più che mai, da cittadini, non possiamo permetterci di non conoscere gli aspetti tecnici minimi che riguardano i progetti energetici del nostro paese. In particolare, in questo breve articolo tenteremo, per punti, di spiegare gli effetti della tecnologia del rigassificatore per far meglio comprendere il perché del nostro no all’istallazione di un impianto di rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL) a Falconara Marittima.

Cos’è un rigassificatore?

È un impianto che consente il passaggio di stato del metano da forma liquida in fase gassosa. Il gas, estratto nei paesi produttori, viene qui liquefatto e trasportato in metaniere (navi cisterne) a temperature di circa -160°C. Giunto sulle nostre coste viene rigassificato e immesso nelle condutture della rete di distribuzione.

È una tecnologia sicura?

Le grandi multinazionali che stanno pressando il nostro governo per la costruzione di diversi rigassificatori in Italia, solo nelle Marche due a Falconara e Porto Recanati, spiegano la tecnologia in maniera semplice e di impatto. Le loro parole possono essere riassunte in questo modo: la rigassificazione è un processo di natura fisica e non chimica, un processo semplice, pulito e sicuro. La trasformazione dalla fase liquida a quella gassosa del metano avviene attraverso uno scambio termico con acqua di mare, dunque, in assenza di combustione. Effettivamente, loro spiegano tecnicamente il processo senza valutare gli effetti che una tecnologia di questo tipo ha sull’ambiente, sul paesaggio, sull’economia locale. Proviamo, quindi, brevemente a spiegare i punti che deliberatamente non vengono mai raccontati ai cittadini.
  • I rigassificatori sono inquinanti: emettono, infatti, continuamente in atmosfera contaminanti, i cosiddetti “vapori di boil off” altamente infiammabili.
  • L’impianto deve essere continuamente lavato con migliaia di litri di ipoclorito di sodio – dosi molto basse di cloro possono avere un impatto estremamente dannoso e mutageno sugli organismi marini.
  • L’impianto di raffreddamento di un rigassificatore fa scendere la temperatura dell’acqua marina di circa 6°C nel raggio di 4 km con le successive conseguenze per l’ambiente marino. Per il processo di riscaldamento del metano, indispensabile per il passaggio dalla fase liquida a quella gassosa, vengono utilizzate masse enormi di acqua marina. Quest’acqua viene successivamente rilasciata nell’area circostante con evidenti effetti dannosi per la biodiversità.
  • Per impiantare un rigassificatore vengono dragati i fondali e spostati migliaia di metri cubi di fanghi, che in alcuni contesti particolarmente inquinati – come quello di Falconara- riportano in superficie sostanze tossiche che rientrano nel ciclo e determinano un impatto negativo sull’ecosistema.
  • Da un punto di vista paesaggistico, in particolare, in contraddizione con l’idea di rilanciare le economie locali attraverso quanto offrono i nostri territori, la presenza di serbatoi di contenimento del gas liquefatto, che raggiungono mediamente l’altezza di un grattacielo di 17 piani, non si sposa con un rilancio dell’Adriatico.
  • I rigassificatori sono pericolosi: anche se la stampa non racconta dei tanti incidenti che ci sono stati già in altri paesi del mondo, un incidente ad un impianto di rigassificazione o a una metaniera potrebbe determinare dei danni equiparabili ad un incidente nucleare, con decine di migliaia di morti e danni irreversibili all’ambiente. Già nel 2007, Piero Angela – voce terza e non immediatamente riconducibile alle battaglie ambientaliste – spiegava in un suo libro che “una grande nave metaniera, che trasporta 125 mila metri cubi di gas liquefatto a bassissima temperatura, contiene un potenziale energetico enorme. Se nelle vicinanze della costa, per un incidente, dovesse spezzarsi e rovesciare in mare il gas liquefatto potrebbe cominciare una sequenza di eventi catastrofici”. Diversi sono gli scenari a cui si potrebbe assistere: il gas freddissimo, a contatto con l'acqua di mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più densa dell'aria e potrebbe viaggiare sfiorando la superficie marina, spinta dal vento, verso la terraferma. Scaldandosi lentamente la nube comincerebbe a mescolarsi con l'aria. Una miscela fra il 5 e il 15 percento di metano con l'aria è esplosiva. Se questa miscela gassosa, invisibile e inodore, investisse una città, qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube. La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo, questa volta nell'ordine di potenza distruttiva delle bombe atomiche. Le vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, mentre le sostanze cancerogene sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall'esplosione, ricadendo su aree vastissime, sarebbero inalate in "piccole dosi", dando luogo a un numero non calcolabile, ma sicuramente alto, di morti differite nell'arco di 80 anni (sempre parole di Piero Angela).
  • Infine, ma non da meno non ci sono vantaggi neanche dal punto di vista occupazionale: infatti, i posti di lavoro che si creerebbero con l’istallazione di un impianto di questo tipo riguarderebbero poche unità e, probabilmente, se ne perderebbero alcuni in settori come pesca e turismo.

La domanda che abbiamo posto senza una risposta ufficiale, alla luce di quanto detto prima, è stata: è davvero necessario costruire questi rigassificatori? Siamo in deficit energetico?

La risposta ce la siamo costruiti da soli, attraverso lo studio di lavori indipendenti che raramente vengono pubblicati e diffusi. In Italia i rigassificatori sono inutili. L’Italia riceve gas facilmente da molte aree del mondo a noi vicine e basterebbe potenziare i gasdotti già esistenti. La controrisposta di chi è a favore dei rigassificatori sarebbe a questo punto: abbiamo già assistito ad una carenza di metano qualche anno fa quando il metano è mancato durante alcuni giorni. Una bufala costruita ad hoc per farci credere ad un allarme “energetico”. Infatti, nella storia dell’approvvigionamento di gas verso l’Italia non è mai accaduto, né durante la guerra fredda né durante la guerra in Algeria, che la Russia e l’Algeria, paesi produttori, chiudessero i rubinetti del gas. È tutta una questione di speculazione mediatica che cavalca le paure che quotidianamente ci somministrano per renderci più dipendenti dalle loro scelte subordinate ai profitti delle grandi multinazionali dell’energia.

Ambasciata dei Diritti Ancona

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