ORARI DI APERTURA

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Ancona – No Rigassificatore! Assedio alla regione, interrotto il consiglio


Bandiere No Api e No Tav insieme ai 500 manifestanti che hanno bloccato a ripetizione l'assise regionale

In un'aula di consiglio regionale blindata la giunta di centro sinistra delle Marche ha inscenato una seduta farsa intenzionata a dare il via libera all'impianto di rigassificazione dell'API, un impianto pericolosissimo per l'ambiente e la salute, posto a soli 16 Km dalla Raffineria Api e a soli 13 Km dal porto di Ancona.

Oltre cinquecento persone sono arrivate da tutta la regione per prender parte al presidio convocato dal Coordinamento No Rigassificatori. E' stato chiaro fin da subito che l'intenzione della Regione era quella di impedire il dissenso all'interno dell'assemblea: una gravissima limitazione della libertà di espressione che i manifestanti non hanno accettato. Così mentre solo a pochi veniva concesso di entrare, la maggior parte dei manifestanti, costretta all'esterno, ha aggirato il blocco imposto dalla polizia, rifiutando l'inaccettabile divieto di poter assistere alla discussione.

Momenti di forte tensione quando gli agenti hanno tentato di fermare gli attivisti, bloccando dall'interno la porta di accesso.

Iniziano i lavori del consiglio regionale, ma vengono ripetutamente interrotti da parte dei manifestanti: prima dalla pressione degli attivisti bloccati e dei presenti in aula che richiedono ed ottengono il libero accesso all'aula; poi dall'ingresso dei rappresentanti della Fiom Fincantieri che stanchi di essere strumentalizzati dal Governatore Spacca hanno chiesto garanzie sul lavoro, rispetto dell'ambiente e un'alternativa a un modello di sviluppo insostenibile per il territorio.

Noncurante di ciò, l'assemblea ha tentato di proseguire con la relazione all'aula del presidente Spacca: una pioggia di banconote raffiguranti il cavallo dell'API è caduta sulle teste dei consiglieri regionali, al culmine di una contestazione crescente che ha completamente sovrastato le parole del governatore costringendo all'interruzione dei lavori.

Dopo un'ora e mezzo di sospensione un'assemblea ormai completamente delegittimata ha comunque dato l'assenso alla costruzione del rigassificatore tra assordanti proteste, decine di bandiere No Centrali Api e No Tav.

La costruzione del rigassificatore è una vergognosa operazione finanziaria, slegata dal fabbisogno energetico del territorio, ma volta solamente ad acquisire una posizione dominante sul mercato del gas. A questo banchetto parteciperà anche la Regione Marche con una quota del 30%, sacrificando sia un territorio stanco di essere asservito alle multinazionali dell'energia, sia i lavoratori stessi della raffineria che – con la graduale dismissione della raffinazione – non saranno necessari per il funzionamento del nuovo impianto.

Con l'approvazione del progetto del rigassificatore è stata scritta una pagina nera nella vita democratica della nostra regione. Una decisione che segna la completa esautorazione e sottomissione della politica agli interessi privati di pochi e sancisce la distanza ormai incolmabile tra i bisogni di un territorio e istituzioni ormai incapaci di rappresentarlo.

Ma quella di oggi è stata anche una straordinaria giornata di mobilitazione, dove la grande partecipazione e la determinazione dei cittadini sta a dimostrare come l'esito di questa vicenda non si concluderà con questo voto farsa.

Sta a dimostrare che la battaglia per i beni comuni, dalla Val Susa alle Marche, non è finita.

Sta a dimostrare come le popolazioni non accettino oltre decisioni calate sopra le loro teste, ma desiderino riappropriarsi del diritto a scegliere sul futuro del proprio territorio.

"Perchè il tempo delle imposizioni autoritarie è finito, la democrazia ce la riprendiamo dal basso"

Ambasciata dei Diritti
Associazione Ya Basta!
Centri Sociali delle Marche

1 commento:

Ambasciata dei Diritti ha detto...

REGIONE NON OBBLIGATA A CENTRALE MA DANNO SOLO DA NO MINISTERO (ANSA) -
ANCONA, 9 GIU - Nell’iter per la realizzazione della centrale elettrica di
cogenerazione da 580 mw a Falconara, per cui pende al ministero dello Sviluppo
economico la richiesta di autorizzazione unica avanzata dall’Api, il Tar Marche
ha respinto i due ricorsi presentati dall’azienda petrolchimica contro atti
della Regione Marche che, nel 2005, non incluse l'impianto nel Pear (Piano
energetico ambientale regionale). I giudici, per assenza di attualità del
danno, hanno ritenuto inammissibili sia l’istanza dell’Api di annullare la
mozione del consiglio regionale (175/2007) che invitava la giunta a comunicare,
in via preventiva, al governo e al ministero la non conformità al Pear dei
progetti (un altro riguardava una centrale a San Severino Marche), sia la
richiesta di danni da responsabilità extracontrattuale vantata dall’Api per una
presunta lesione del suo interesse legittimo a ottenere l'autorizzazione all’
esercizio della stessa centrale. Api raffineria di Ancona spa e Api Holding
spa (come capogruppo) hanno chiesto un risarcimento complessivo di 185 milioni
di euro sulla base della futura redditività della centrale. In sostanza il Tar
ha ritenuto che l’eventuale danno all’Api si potrebbe configurare solo con il
diniego dell’autorizzazione da parte del ministero e non con la sola mozione
del consiglio regionale. Il collegio ha invece respinto la parallela
richiesta di danni derivanti da responsabilità contrattuale. Secondo l’Api,
dopo il rinnovo della concessione ventennale, la Regione non avrebbe rispettato
gli accordi presi con il protocollo del 2003, in cui l’ente si obbligava ad
'associarè l’azienda nel percorso di redazione del Pear per attuare di progetti
sperimentali di risparmio energetico e innovazione infrastrutturale; l’azienda
cita anche lo studio dell’Università politecnica delle Marche che prevedeva la
costruzione di una centrale termoelettrica a ciclo combinato alimentata a gas,
di potenza superiore a 300 mw. L’Api aveva sostenuto che il protocollo di
fatto impegnasse la Regione a farla partecipe nella redazione del piano e
prevedere di conseguenza la presenza della centrale, spingendo l'azienda a
configurare un piano industriale comprendente strategie di sviluppo tese alla
sua costruzione. Secondo il Tar, invece, “i percorsi di associazione previsti
dall’accordo prevedono sì vari impegni delle parti ma non contengono in alcun
modo l’obbligo di prevedere nel Pear una centrale termoelettrica da più di 300
mw e quindi l’obbligo della Regione di adottare un provvedimento determinato”.
Per i giudici non è neanche rilevante neanche il riferimento dello studio
universitario circa la necessità della centrale. Con l’istanza di
autorizzazione al ministero, secondo il Tar, l'Api mostra di non ritenere il
Pear direttamente causativo del danno provocato dall’impossibilità di avere l’
autorizzazione, a sua volta derivante dalle limitazioni del Pear. Secondo la
difesa, comunque, la decisione del Tar lascia spiragli per poter impugnare il
Pear una volta che fosse negata l’autorizzazione e che dunque si fosse
configurato l’eventuale danno. (ANSA).