Proprio nel giorno in cui le comunità di accoglienza della
provincia di Ancona, gli assistenti sociali e tante associazioni erano con noi
al porto per le iniziative collegate alla giornata mondiale del rifugiato, è
arrivato in banchina un traghetto Superfast proveniente dalla Grecia, dove
erano stati rintracciati 17 ragazzi afgani nascosti in un pullman. Due di loro
sono morti durante il viaggio e altri due erano in condizioni gravissime e sono
stati ricoverati in ospedale.
Appena appresa la notizia una nostra delegazione ha
raggiunto la Superfast con uno striscione con la scritta «Stop tragedie del
mare. Accoglienza per tutti».
Non vogliamo abituarci a queste morti. I giornali e le
istituzioni continuano a chiamarli clandestini, ma sono solo ragazzi che fuggono
dal proprio paese perché non sono disposti ad arruolarsi, ad uccidere altre
persone ne a farsi uccidere e per fuggire a questo destino sono disposti a
mettere in gioco la loro vita.
Gli afghani continuano ad essere chiamati clandestini, ma in
realtà sono profughi poiché scappano da una guerra. I profughi sono tutelati da
leggi internazionali e hanno diritto ad essere accolti e soccorsi, i
clandestini non hanno diritti, sono invisibili senza tutele. Questa differenza
di termini separa la vita dalla morte: non è possibile essere profughi dell’Afghanistan,
le “missioni di pace” italiane con occupazione di territorio afgano hanno
esportato la democrazia quindi è difficile riconoscere che il paese vive in
guerra….ma allora perché c’è tanta gente costretta ancora a scappare e
rischiare la morte per perseguire un minimo di dignità e sperare in un'altra
vita?
Quelli che scappano dalla guerra e dalla miseria, arrivano
in Grecia primo stato europeo che incontrano nella loro rotta di fuga, dopo
essere scampati ai proiettili e alle prigioni di Iran e Turchia. La Grecia è
stata più volte denunciata dall’UNHCR e dalla comunità europea poiché viola le
norme sull’accoglienza non riconoscendo praticamente a nessuno l’asilo politico
(vengono accolte solo lo 0.04%delle domande presentate). In Grecia molti
ragazzi restano intrappolati tra campi profughi auto costruiti, sgomberi
effettuati dalla polizia e attacchi di neonazisti. Meglio rischiare la vita che
restare nel limbo greco; sedici-venti ore aggrappati sotto un camion
all’interno di una stiva della nave o dentro un ripiano nascosto dentro un
pullman, stretti, caldo asfissiante e poca aria: è un esperienza che non si
deve augurare a nessuno.
Le morti non sono tutte uguali, l’Italia e il mondo si sono
giustamente commossi per la tragedia del Costa Concordia e del destino dei suoi
passeggeri. Ci hanno raccontato le singole storie struggenti dei passeggeri
defunti e le testimonianze dei sopravvissuti. Qui invece di quelli che
impropriamente chiamano clandestini non si sa mai nulla, a volte nemmeno il
nome. Da tempo denunciamo come le procedure di accoglienza in Italia siano
vergognose e come anche ad Ancona il sistema della security sia ingiusto e
disumano.
La questione dell’accoglienza, quella di semplificare la
richiesta nonché il riconoscimento dei permessi per i migranti devono essere
rimesse al centro dell’agenda politica.
Chiediamo alle istituzioni locali, comune e regione, di
intervenire nella gestione del porto che non deve essere lasciato nelle mani di
autorità portuale e forze dell’ordine. Che vengano trovati i fondi per
finanziare le strutture di accoglienza.
Che i corpi dei ragazzi deceduti vengano riconsegnati alle famiglie
invece che seppelliti in forma anonima al cimitero di Ancona e che le spese
vengano sostenute dalle istituzioni. Che non vengano più riammessi in Grecia i
ragazzi trovati nei traghetti senza documenti: la Grecia a causa della crisi e
per una legislazione che deve riformare il diritto d’asilo, non è in grado di
tutelare in questo momento i diritti umani. Chiediamo che vengano tolte le reti
dal porto di Ancona che sabato hanno impedito alle tante persone accorse al
porto di portare la solidarietà ai ragazzi sopravvissuti, che sono stati invece
accolti solo da polizia, camionette, medici e ambulanze.
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