A
pochi giorni dalle strazianti stragi di richiedenti asilo a largo di
Lampedusa, l'Ambasciata dei Diritti propone di dare voce a quelle
migrazioni che si caratterizzano come fuga dalla guerra, ma difronte
alle quali ancora una volta l'Europa continua a mostrare lo stesso
volto fondamentalmente indifferente.
Domenica
22 febbraio l'Ambasciata dei Diritti Marche – Via Urbino 18 Ancona
– organizza la proiezione del Film “Io sto con la sposa” ,
il docufilm che alla 71 mostra di Venezia si è aggiudicato ben pre
premi: il premio FEDIC, il premio HUMAN RIGHTS NIGHTS e il premio
della CRITICA SOCIALE.
Un lavoro che oltre a rappresentare il racconto dell'odissea a cui sono sottoposti uomini donne in fuga da guerre e conflitti è stato un atto concreto di impegno politico, di disobbedienza reale alla barbarie delle frontiere.
La
storia si fa racconto, il film è un atto d'azione. Un corto circuito
che punta direttamente il segno su un'attualità che non può essere
ignorata. L'arrivo a Lampedusa e poi il viaggio verso il nord Europa,
trasformato in un corteo nuziale, per attraversare le frontiere
pronte a fermare il passaggio in nome delle normative formali di un
Europa a parole "impegnata" nell'accoglienza ma nella
realtà ostile alla vita reale di migliaia di esseri umani.
Sarà
presente alla proiezione Gabriele del Grande, il giornalista che ha
creato nel 2006 l’osservatorio Fortress Europe: un blog che
raccoglie e cataloga tutti gli eventi riguardanti le morti e i
naufragi dei migranti africani nel Mediterraneo nel tentativo di
raggiungere l'Europa. Nel 2014, insieme ad Antonio Augugliaro e
Khaled Soliman Al Nassiry, ha realizzato “Io
sto con la sposa” con l'obiettivo non solo di aiutare
i protagonisti, ma soprattutto per contribuire a un cambiamento
reale delle politiche europee sull’immigrazione, affinché il
Mediterraneo ritorni ad essere il mare che ci unisce e non un
cimitero a cielo aperto.
Il
docufilm si caratterizza: per lo sguardo originale, che restituisce,
forse per la prima volta, degli immigrati clandestini sbarcati a
Lampedusa non come semplici numeri statistici ma come esseri umani,
dotati di proprie individualità, spiritualità e talenti, rimessi a
lucido e con vestiti da cerimonia e non con i giacconi laceri e senza
scarpe come siamo abituati a vederli.
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