ORARI DI APERTURA

Lo sportello legale dell'Ambasciata dei Diritti e l'osservatorio contro le discriminazioni sono in via Urbino, 18 - Ancona. Per appuntamenti o informazioni potete conotattarci scrivendo a ambasciata@glomeda.org

Giovedì 02 aprile 2009 - DIRITTO DI ASILO NEGATO

Un incontro tanto importante quanto necessario. La situazione al porto di Ancona sta assumendo tratti di complessità e tragicità che vanno compresi e mutati.
La drammatica morte del ragazzo iracheno di domenica 29 marz0 2009 è l’ennesima storia di fuga da paesi in guerra verso la Grecia. Una storia che purtroppo accomuna tante persone, tanti minori e tanti bambini che vedono nella traversata verso l’Italia l’unica possibilità per scappare da una vita di violenze, paura e morte.
Per i migranti più “fortunati” c’è il respingimento verso la Grecia dove ogni giorno si susseguono violazioni e soprusi subiti dai rifugiati afghani, curdi, sudanesi ed eritrei, dal momento della fuga dal loro paese fino al loro incontro con la polizia italiana.
Per creare un punto di incontro tra tutti quelli che ancora si indignano difronte a tali storie abbiamo pensato di cominciare a conoscere la situazione del campo profughi di Patrasso con i racconti dell’Associazione greca “Kinisi”, con il Consiglio Italiano per i rifugiati e con chi lavora con i migranti minorenni che sono riusciti ad arrivare in Italia.
Ti aspettiamo, non mancare.
RASSEGNA STAMPA CORRIERE ADRIATICO


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Alidad, a 12 anni in fuga dai talebani Ma l'Italia l'ha respinto: «Fuori!»

Tratto da corriere della sera
Non l'hanno mica chiesto al piccolo Alidad, perché fosse scappato dal Paese degli aquiloni e dell'orrore. Avrebbero saputo che suo papà era stato assassinato dai talebani, che a 9 anni era scappato con la mamma e i fratellini in Iran, che aveva impiegato mesi e mesi per arrivare clandestinamente lì al porto di Ancona e insomma aveva diritto a essere accolto. Come rifugiato politico e come bambino. Ma non gliel'hanno chiesto. Come non lo chiedono ogni giorno a decine e decine di altri. L'hanno caricato su una nave e spedito via: fuori! A dodici anni.

Eppure le leggi italiane e quelle europee, come sarà ribadito oggi in un convegno a Venezia con Massimo Cacciari, Gino Strada, i rappresentanti di Amnesty International e altre organizzazioni umanitarie, sarebbero chiarissime: non si possono respingere alla frontiera tutti quelli che arrivano così, all'ingrosso. Certo, il questore (anche senza il via libera del magistrato, secondo l'interpretazione più dura) può decidere il «respingimento con accompagnamento alla frontiera nei confronti degli stranieri che sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all'ingresso o subito dopo», ma con eccezioni. Le regole «non si applicano nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari». Ovvio: non si possono ributtare le vittime in pasto ai carnefici. Così come la Francia, per fare un solo esempio tratto dalla storia nostra, non riconsegnò il futuro presidente della Repubblica, Sandro Pertini, agli assassini fascisti di Giacomo Matteotti.

Sui minori, poi, l'articolo 19 del Decreto legislativo 28 gennaio 2008, che neppure la destra al governo ha toccato (anche per rispettare la convenzione di New York sui diritti del fanciullo) è netto. Punto primo: «Al minore non accompagnato che ha espresso la volontà di chiedere la protezione internazionale è fornita la necessaria assistenza per la presentazione della domanda. Allo stesso è garantita l'assistenza del tutore in ogni fase della procedura per l'esame della domanda...». Punto secondo: «Se sussistono dubbi in ordine all'età, il minore non accompagnato può, in ogni fase della procedura, essere sottoposto, previo consenso del minore stesso o del suo rappresentante legale, ad accertamenti medico-sanitari non invasivi al fine di accertarne l'età». Punto terzo: «Il minore deve essere informato della possibilità che la sua età può essere determinata attraverso visita medica, sul tipo di visita e sulle conseguenze della visita ai fini dell'esame della domanda. Il rifiuto, da parte del minore, di sottoporsi alla visita medica, non costituisce motivo di impedimento all'accoglimento della domanda, né all'adozione della decisione».

E allora, chiede l'avvocato Alessandra Ballerini che con un gruppo di altri legali ha preparato un esposto alla Corte Europea dei diritti dell'uomo, come può l'Italia ignorare nei fatti, nei porti di Ancona, Bari, Brindisi o Venezia, quanto riconosce sulla carta? Come si possono respingere le persone caricandole sbrigativamente sulle navi, dalle quali sono sbarcati appesi sotto i Tir o assiderati nelle celle frigorifere, senza controllare neppure se sono in fuga da dittatori sanguinari? Come si possono buttar fuori uomini, donne, bambini senza neppure farli parlare con un interprete o un avvocato, così come dicono ad esempio decine e decine di testimonianze raccolte da giornalisti e operatori sociali quali Alessandra Sciurba, tra i disperati accampati nella baraccopoli di Patrasso? Risposta standard: mica li rimandiamo in Afghanistan o in Iraq, li rimandiamo in Grecia da dove erano venuti. Vero, in astratto. In realtà, spiega la denuncia, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati consiglia ufficialmente «i governi dei Paesi che hanno sottoscritto il Regolamento di Dublino di non rinviare i richiedenti asilo in Grecia» perché lì «nell'assegnazione dello status di rifugiato non sono garantite al momento le più basilari tutele procedurali». I numeri, accusa il Consiglio Italiano per i Rifugiati, dicono tutto: «La percentuale di riconoscimenti dello status di rifugiato in Grecia è prossima allo zero: nel 2007 è stata dello 0,4%, nel 2006 dello 0,5...». Le obiezioni di quanti sbuffano sono note: «Troppo comodo, spacciarsi tutti per rifugiati politici!». Sarà... Ma anche ammesso che qualcuno faccia il furbo facendosi passare per un perseguitato, le regole internazionali vanno rispettate.

E queste regole dicono che ogni singola persona ha diritto a essere «pesata». Succede? Prendiamo Venezia. Partendo dalle parole della Responsabile del Consiglio Italiano Rifugiati, Francesca Cucchi, a un convegno di qualche mese fa. Come mai le autorità portuali avevano denunciato dal gennaio 2008 ad allora 850 clandestini se il Cir era stato informato solo di 110? E gli altri 740? Tutti caricati sulle navi e ributtati indietro senza controllare se avessero o meno diritto allo status di rifugiati? Una cosa è certa: ammesso (e non concesso) che alcuni si spaccino per rifugiati, certo è che nessun adulto può spacciarsi per un bambino. Ed era un bambino quell'Alidad Rahimi scacciato a 12 anni dopo che ne aveva passati tre a sfuggire attraverso l'Iran e la Turchia e la Grecia ai talebani che gli avevano ammazzato il padre ed era sbarcato solo per poche ore ad Ancona dentro la pancia di un camion. Era un ragazzino Alisina Sharifi che a 14 anni era scappato ai guardiani della fede afghani ed era arrivato in Italia semiassiderato per essere buttato fuori appena ripresi i sensi. Era un ragazzino Salahuddin Chauqar, scappato dall'Afghanistan quando aveva sette anni e arrivato dopo mille odissee, nascosto in un Tir, a Venezia: «Il ricorrente continuava a ripetere di avere 15 anni e di voler chiedere asilo ma i poliziotti lo costringevano a firmare due fogli a lui incomprensibili (...) Il ricorrente veniva poi condotto a forza in una cabina di ferro all'interno di una nave diversa da quella con la quale era arrivata e rinchiuso con altri 3 minorenni, fino all'arrivo a Patrasso». Certo era più comodo commuoversi per il piccolo Marco in viaggio «dagli Appennini alle Ande»...

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Ronda leghista al Piano, segnalazione in procura

Articolo Tratto dal Corriere Adriatico
Ancona Finisce in procura la ronda estemporanea organizzata giovedì sera dalla Lega Nord nel quartiere del Piano. La questura ha inviato ai pm una segnalazione su quanto accaduto dalle 21 in avanti, quando cinque attivisti guidati dal coordinatore locale Sandro Zaffiri hanno percorso a piedi piazza Ugo Bassi e dintorni vestiti con pettorine catarifrangenti e muniti di telefonini per dare l’allarme. Ma il decreto sulla sicurezza, che sta per essere convertito in legge, sul tema delle ronde è molto chiaro e non tollera spontaneismi. “Demanda solo al sindaco la possibilità di avvalersi, d’intesa con il prefetto, di associazioni di cittadini in possesso di requisiti specifici”, spiegava anche ieri il prefetto Giovanni D’Onofrio, confermando di aver chiesto al questore Giorgio Iacobone di segnalare alla procura della Repubblica “ogni episodio che esuli dalla previsione normativa”.

I primi a sperimentare la linea della legalità voluta dal prefetto sono stati i cinque del minidrappello della Lega Nord, che ha promosso “passeggiate di cittadini ’armati’ soltanto di telefonini - insisteva anche ieri Zaffiri - lungo corso Carlo Alberto e zone limitrofe”. La segnalazione della questura ora sarà valutata in procura, ma per ora non ci sono ipotesi di reato. Per la Lega si tratta solo di “attività di volontariato, ad esclusivo interesse della collettività”. Ma il prefetto ricorda che iniziative del genere si collocano al di fuori dalle previsioni normative e mettono a rischio l’ordine pubblico e la stessa incolumità di chi prende parte alle ronde, tanto più quando assumono connotazioni politiche. “Non mi sogno di fare la guerra a nessuno - ha sottolineato D’Onofrio - ma vi lascio immaginare cosa potrebbe accadere se ogni sera spuntassero gruppi autogestiti al di fuori di ogni controllo. Il decreto dispone regole precise, prevede ad esempio che ci sia una verifica sull’idoneità dei partecipanti. Sarebbe gravissimo se a non rispettare la legge fosse proprio il prefetto”. E oggi il prefetto incontrerà in Comune il commissario Iappelli per discutere della videosorveglianza e i nuovi punti luce nella zona del Piano.
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I VIAGGI DELLA DISPERAZIONE: al largo della Libia centinaia di migranti dispersi

Tratto da Repubblica
TRIPOLI -
Nuova tragedia del mare tra l'Africa e l'Italia: due barconi carichi di migranti sono affondati. A bordo c'erano centinaia di disperati e quasi tutti sono al momento dati per dispersi dai guardacoste libici che stanno conducendo le operazioni di soccorso. Le informazioni sull'accaduto sono ancora confuse. Si parla - a quanto riferito alla Reuters da funzionari locali - di quattro imbarcazioni in difficoltà non lontano dalla costa della Libia. Di queste due sono sicuramente affondate e secondo l'Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) sarebbero disperse almeno 300 persone. Delle altre due non si sa niente, anche se il ministero dell'Interno libico ha reso noto che una nave cisterna italiana ha salvato 350 clandestini che si trovavano a bordo di una imbarcazione alla deriva. Per il momento sono state tratte in salvo 23 persone mentre di altre 21 sono stati recuperati i corpi senza vita.

Secondo quanto ha reso noto l'agenzia egiziana Mena, tutti i clandestini - molti dei quali di nazionalità egiziana - erano diretti in Italia. Una delle imbarcazioni era partita da Sid Belal Janzur, un sobborgo di Tripoli e dopo tre ore di navigazione il battello è affondato 30 chilometri al largo della Libia. Delle altre i libici affermano di non avere certezza del luogo di partenza.
Quanto al salvataggio effettuato da una nave italiana, resta qualche incertezza. Fino alla tarda serata - secondo quanto si è appreso - sia del naufragio sia del soccorso da parte di una nave cisterna non era giunta alcuna segnalazione alle autorità italiane competenti per la ricerca e il soccorso in mare. L'ennesima tragedia sulla rotta tra la Libia e la Sicilia non ha comunque fermato i viaggi della disperazione verso l'Italia: oltre 400 extracomunitari sono approdati infatti nelle ultime ore sulle coste della Sicilia orientale, dopo i 222 giunti ieri a Lampedusa. Sbarchi che, ha assicurato il ministro dell'Interno Roberto Maroni, "termineranno il 15 maggio prossimo, quando entrerà in vigore l'accordo siglato dal governo italiano con quello libico sul pattugliamento congiunto delle coste".
Il primo barcone si è arenato nella serata di ieri sulla spiaggia di Scoglitti, una frazione di Vittoria, in provincia di Ragusa. A bordo c'erano 153 immigrati, tra cui 29 donne, che dopo le procedure di identificazione sono stati portati nella palestra comunale di Pozzallo. Una carretta di circa 20 metri con a bordo 249 persone, tra le quali 31 donne - tre incinte - e otto minori, è approdata invece all'alba a Portopalo di Capo Passero, nel siracusano. Gli extracomunitari, in gran parte somali ed eritrei, sono stati scortati in porto dall'unità navale delle Fiamme Gialle e da una motovedetta della Guardia Costiera. Un giovane somalo di 24 anni è stato arrestato dalla Guardia di Finanza, con l'accusa di essere lo scafista che ha condotto l'imbarcazione, partita dalle spiagge libiche.
Intanto a Lampedusa si registra una nuova fuga dal Centro di identificazione ed espulsione: una ventina di migranti sono riusciti ad allontanarsi dal Centro, prima di essere bloccati qualche ora dopo dai carabinieri. Due di loro, sorpresi a rubare all'interno di alcune villette disabitate, sono stati arrestati; altri cinque sono stati denunciati per violazione di domicilio. Episodi che fanno salire nuovamente la tensione sull'isola, dove in questi momenti si trovano complessivamente 720 extracomunitari distribuiti tra il Cie di contrada Imbriacola e l'ex base Loran di Capo Ponente. Ieri il sindaco, Dino De Rubeis, aveva lamentato la mancanza di assistenza medica adeguata per i 222 migranti sbarcati nel pomeriggio.
Affermazioni seccamente smentite dal responsabile del Dipartimento immigrazione del Viminale, Mario Morcone: "Il sindaco dice il falso. Sul molo, hanno operato quattro medici e un infermiere e l'ambulanza che il dipartimento libertà civili ha acquistato e che è costantemente a disposizione delle necessità sull'isola".
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Afghanistan, una nuova legge autorizza lo stupro dei mariti

Secondo fonti Onu il provvedimento obbliga le donne a chiedere il permesso al consorte anche per uscire di casa o andare dal medico. E la custodia dei figli va solo a padri e nonni.
KABUL - Malgrado l'intervento armato in Afghanistan, con l'Italia incaricata della ricostruzione del sistema giuridico del paese, il governo afgano ha recentemente votato una legge (ancora non pubblicata) che rappresenta un duro colpo ai diritti delle donne afgane. Secondo fonti delle Nazioni Unite, la nuova legge legalizza lo stupro del marito nei confronti della moglie, obbliga le donne a "concedersi" al marito senza opporre resistenza, vieta loro di uscire di casa, di cercare lavoro o anche di andare dal dottore senza il permesso del consorte e affida la custodia dei figli esclusivamente ai padri e ai nonni.
Insomma, rispetto al passato, poco o nulla sembra cambiare per le donne afgane. La mossa del governo rappresenta, secondo alcuni parlamentari contrari e molti gruppi umanitari, il tentativo del presidente Hamid Karzai di incassare il sostengo dei fondamentalisti islamici, in vista delle elezioni presidenziali di agosto. Secondo il quotidiano britannico Independent, il provvedimento di legge è frutto delle pressioni esercitate dall'Iran, che mantiene uno stretto legame con la minoranza sciita afgana.
"E' una delle peggiori leggi mai votate dal Parlamento in tutto il secolo" ha tuonato Shinkai Karokhail, deputata afgana impegnata a battersi contro la legge: "è totalmente sfavorevole alle donne e renderà loro ancora più vulnerabili".
La Costituzione afgana permette agli sciiti, che rappresentano circa il 10 per cento della popolazione, di avere una legge sulla famiglia basata sulla giurisprudenza sciita tradizionale. Ma al tempo stesso sia la Costituzione che vari trattati internazionali firmati dall'Afghanistan, garantiscono pari diritti alle donne.
E proprio oggi Karzai partecipa al Forum dell'Aja, dove si svolge la Conferenza internazionale sull'Afghanistan: "E' importante che tutto il mondo stia guardando al nostro Paese", ha dichiarato. Al summit sono presenti circa 80 nazioni, tra cui tutte e 41 gli stati che partecipano alla missione Isaf guidata dalla Nato, e poi Russia, Cina, Giappone, India, Iran e organismi internazionali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale.
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Giovedì 02 aprile 2009 - Diritto di Asilo Negato

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Clandestino muore sotto tir dopo sbarco Ancona

Notizia Ansa
Si era attaccato all'asse di trasmissione, fuggiva dall'Irak
ANCONA, 29 MAR - Un immigrato clandestino e' morto poco dopo lo sbarco da una motonave greca nel porto di Ancona. Si era attaccato all'asse di trasmissione di un tir bulgaro: forse l'autista lo ha travolto e ucciso rimettendo in moto il mezzo dopo una breve sosta. In tasca, la vittima aveva la fotocopia di una richiesta di asilo politico presentata al governo greco a nome di un iracheno nato nel 1989. Indaga la polizia.
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Lampedusa, soccorsi 250 migranti Il sindaco: "E' emergenza sanitaria"

Tratto da Repubblica
Nuovi sbarchi sull'isola, i clandestini recuperati da una motovedetta. De Rubeis: "Mancano le strutture, donne con le flebo sull'asfalto".
Duecentocinquanta immigrati sono stati soccorsi a sud di Lampedusa. Fra i clandestini ci sono anche dieeci minorenni e quaranta donne. L'imbarcazione era stata segnalata alla Capitaneria di porto mentre era in difficoltà nel canale di Sicilia, con il mare in tempesta. Una motovedetta li ha raggiunti e li ha condotti fino al molo di Punta Favarolo. I migranti sono stati soccorsi e trasferiti nel centro di identificazione di Contrada Imbriacola. Tragedia dell'immigrazione ad Ancona: un clandestino, agganciato sotto un tir, è caduto ed è stato travolto dal mezzo.
Nella struttura di accoglienza di Contrada Imbriacola sono adesso ospitate 770 persone, molte delle quali richiedenti asilo. Il sindaco di Lampedusa, Dino De Rubeis, denuncia le gravi difficoltà dei soccorsi. "Sei o sette donne incinte, alcune delle quali in gravi condizioni, con le flebo attaccate, vengono assistite buttate in mezzo alla polvere e sull'asfalto" dice il primo cittadino, che ha assistito allo sbarco dei 250 clandestini.
Il sindaco: "Appello al governo". "I medici della società Lampedusa Accoglienza - spiega De Rubeis - lavorano con professionalità ma qui a Punta Favarolo c'è una sola ambulanza. Ho visto una donna moribonda, con la flebo attaccata, attendere nella polvere, sull'asfalto, di essere trasferita. Qui fino a qualche tempo fa - ricorda - c'era una ambulanza di Medici senza frontiere che evitava che ciò accadesse". De Rubeis sottolinea che "non è possibile che sull'isola ci sia tanto personale delle forze dell'ordine, e pochi medici per il primo soccorso". E fa appello al prefetto di Agrigento e al governo perché il molo venga attrezzato con un'adeguata struttura sanitaria.
Il questore: "Soccorsi immediati". Gli immigrati arrivati a Lampedusa "sono stati soccorsi sulla banchina del porto dai medici della Croce Rossa italiana e dalle ambulanze". Lo precisa il questore di Agrigento, Girolamo Di Fazio. "A tutti - aggiunge sono state prestate le cure necessarie, in particolare chi, stremato dal viaggio, si è accasciato a terra, è stato soccorso e trasportato in ambulanza al pronto soccorso". Da Lampedusa, spiega ancora il questore, già oggi sono stati trasferiti 100 immigrati con un volo aereo, e alcuni di loro saranno subito rimpatriati, mentre gli altri 122, tra cui alcune donne, saranno trasferiti domani in nave verso la Sicilia e da qui in altri centri.
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NO ALLE RONDE - Lettera a Prefetto e Commissario del Comune di Ancona

Ancona, 25 marzo 2009
In relazione alle recenti dichiarazioni della Lega Nord di istituire e attivare le ronde nella nostra città in particolare nella zona di P.zza Ugo Bassi già a partire da giovedì 26 marzo 2009, con la presente siamo a richiederVi di garantire il Vostro intervento contro queste azioni non legittime e destabilizzanti per il tessuto sociale.
Siamo convinti che le ronde non faranno altro che rendere ancora più insicuri i nostri territori e accentuare il clima di paura e insicurezza che si è diffuso nella nostra città molto spesso anche in maniera esagerata e per puri fini propagandistici ed elettorali.
Siamo certi che le ronde, organizzate senza nessuna logica e controllo, accresceranno maggiormente il clima di tensione causando atti discriminatori, razzisti e violenti verso i soggetti più deboli come sta già avvenendo in altre città italiane.
La sicurezza non può essere raggiunta con le ronde o con azioni punitive verso il diverso e chi non si conosce, ma deve essere perseguita attraverso una politica dell'accoglienza e del rispetto reciproco, riconoscendo a tutti quelli che vivono nella nostra città, senza alcuna distinzione, il diritto al reddito, alla casa, e all'istruzione.
Abbiamo sempre considerato Ancona come una città di frontiera accogliente ed ospitale dove sia le istituzioni che le realtà associative si sono sempre impegnate a creare un solido tessuto sociale basandosi sul fatto che le “diversità” rappresentano strumenti di ricchezza e avanguardia per il nostro territorio e non il deterrente ad azioni spregiudicate e insensate che rischiano di mandare in fumo il lavoro di anni.
Ribadendo la nostra netta contrarietà “all’istituzione” delle ronde, confidiamo in un Vostro determinato intervento.
AMBASCIATA DEI DIRITTI - ANCONA
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Tbc controlli al centro immigrati di Bari

Dopo l'esito positivo al test antitubercolosi di una interprete che fa parte della commissione prefettizia dei richiedenti asilo politico che aveva avuto 2 incontri con la nigeriana proprio per la richiesta di asilo è partita immediatamente la profilassi nei confronti del personale dell'Ufficio Immigrazione e delle interpreti e sarebbero in tutto una cinquantina le persone più a rischio di contagio.
Essendo la nigeriano transitata nel Centro di accoglienza di Palese anche lì sono partiti i primi test eseguiti sugli ospite e i dipendenti. Si è purtroppo registrato il 50% di positività agli anticorpi della Tbc fra le oltre mille persone esaminate finora.



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Agenzia Onu: "L'Italia viola i diritti umani"

TRATTO DA REPUBBLICA
ROMA -
"È evidente e crescente l'incidenza della discriminazione e delle violazioni dei diritti umani fondamentali nei confronti degli immigrati in Italia. Nel paese persistono razzismo e xenofobia anche verso richiedenti asilo e rifugiati, compresi i Rom. Chiediamo al governo di intervenire efficacemente per contrastare il clima di intolleranza e per garantire la tutela ai migranti, a prescindere dal loro status". Sono insolitamente dure e nette le parole che il Comitato di esperti dell'Ilo, l'Organizzazione internazionale del lavoro, agenzia Onu, usa per descrivere il trattamento degli immigrati in Italia e la violazione di alcune norme internazionali.

Come ogni anno, a marzo, esce il rapporto dell'Ilo sull'applicazione degli standard internazionali del lavoro e quest'anno la pagina che riguarda l'Italia denuncia un comportamento senza precedenti per un paese europeo democratico, perché contravviene alla convenzione 143, quella sulla "promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti", ratificata dal nostro paese nel 1981.
Tranne il Portogallo e la Slovenia, infatti, gli altri paesi saliti all'attenzione dell'agenzia Onu per lo stesso motivo sono il Benin, il Burkina Faso, il Camerun e l'Uganda.
Il Comitato dell'Ilo, formato da venti giuslavoristi provenienti da tutto il mondo, verifica costantemente l'osservazione delle norme da parte dei governi e in questo caso richiama l'esecutivo italiano all'applicazione dei primi articoli della convenzione 143, cioè al "rispetto dei diritti umani di tutti gli immigrati, senza alcuna distinzione di status".
Inoltre, il governo ha l'obbligo di assicurare anche ai migranti occupati illegalmente il diritto a condizioni eque di lavoro e di salario, oltre che la tutela contro ogni forma di discriminazione. Le critiche e le richieste dell'Ilo si basano su quanto riportato dal Comitato consultivo della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali in Europa (Acfc), che aveva già denunciato le dure condizioni di detenzione per gli immigrati irregolari, in attesa di rimpatrio.
Ma si basano anche sulle osservazioni di un altro organismo dell'Onu per l'eliminazione della discriminazione razziale (Cerd), che ha rilevato "gravi violazioni dei diritti umani verso i lavoratori migranti dell'Africa, dell'Est Europa e dell'Asia, con maltrattamenti, salari bassi e dati in ritardo, orari eccessivi e situazioni di lavoro schiavistico in cui parte della paga è trattenuta dall'impresa per un posto in dormitori affollati senza acqua né elettricità". I rapporti Onu mettono in evidenza anche i "continui dibattiti razzisti e xenofobi essenzialmente contro immigrati non europei, discorsi ispirati dall'odio contro gli stranieri e maltrattamenti delle forze di polizia verso i Rom, specialmente quelli di origine romena, durante i raid per lo sgombero dei campi".
Insomma, una lunga lista di accuse che vanno dalla questione delle impronte digitali alla "retorica discriminatoria di alcuni leader politici che associano i Rom alla criminalità, creando nella pubblica opinione un clima diffuso di ostilità, antagonismo sociale e stigmatizzazione". Pertanto, il Comitato di esperti dell'Ilo non può che esprimere "profonda preoccupazione" e invita il governo italiano a prendere "le dovute misure affinché ci sia parità di trattamento, nelle condizioni di lavoro, per tutti i migranti", oltre che misure per "migliorare, nella pubblica opinione, la conoscenza e la consapevolezza della discriminazione, facendo accettare i migranti e le loro famiglie come membri della società a tutti gli effetti". Il documento si conclude con la richiesta al governo di rispondere punto per punto alle osservazioni fatte entro la fine del 2009.

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