Al Presidente Gian Mario
Spacca con richiesta di lettura durante i vertice Italia Serbia del 15 ottobre.
Si invita a sottoporre
la lettera aperta in particolare ai Ministri del governo italiano e a Angiolino
Alfano.
Scricchiolano vent’anni di politiche europee in materia di immigrazione
ed asilo: "distribuzione" dei richiedenti asilo tra Stati Membri,
recepimento nell’ordinamento italiano delle Direttive UE, nuovi finanziamenti,
rinnovamento delle operazioni di Frontex e degli accordi bilaterali con i Paesi
Terzi.
Ed ecco che il vertice di Ancona è il luogo e il momento
migliore per affrontare questi argomenti.
Non ci interessa sapere che arriveranno soldi dall’Europa per la
Macroregione, vogliamo conoscere voi come volete spenderli, quali progetti
intendente presentare e dirvi che noi, società civile, chiediamo da anni piani
che sostengano chi è senza lavoro e i migranti, piani che tutelino il mare, i
beni comuni e l’ambiente. Se i soldi serviranno a costruire nuovi
rigassificatori e nuovi gasdotti, non ci interessa e questo non può essere un
percorso condiviso con chi lavora dal basso e difende i beni comuni.
Avete giocato nel dire che la “società civile” per l’Europa sono le
grandi associazioni di categoria, gli imprenditori, gli enti locali. Ma la
società civile è altro è quella attiva, quella che vive dentro e contro la
crisi, che propone alternative di sviluppo che partono dal locale e che vuole
il riconoscimento di nuovi diritti per tutte le persone.
Ad Ancona il 15 ottobre chiediamo che si
parli prima di tutto di esternalizzare i diritti e non esternalizzare i
confini.
Questa Macroregione, se è vero che viene
costituita per la vicinanza tra i popoli, può fare a meno dei sistemi di
sicurezza e di controllo sulle persone che circolano nell’area. Già da domani
avrete l’occasione di modificare immediatamente tutte quelli leggi che l’Italia
ha applicato nelle zone portuali creando quelle aree grigie di confine sul
mare, dove si registrano i peggiori casi di violazione dei diritti umani.
Le Marche non hanno mai voluto che fossero
costruiti dei CIE – Centri di Identificazione e Espulsione, strutture nate
dalla legge Turco Napolitano riconosciuti ormai illegali, inutili, costosi -
e non vogliono che vengano costruiti da nessuna parte.
L'Italia è un paese di confine, storicamente
accogliente, capace di proporre una visione sul fenomeno migratorio diversa da
quella proposta dai governi degli ultimi 20 anni che hanno solo pensato,
scritto e applicato leggi ingiuste.
Cominciate con il dire che l’Europa, l’Europa
che siamo noi, non vuole che vengano costruiti nuovi centri e che verranno
chiusi quelli esistenti. Dite insieme a noi che è inaccettabile che l’Albania,
dall’altra parte del nostro mare, riceva finanziamenti dall’Unione europea per
costruire queste strutture.
Il mare Adriatico, come tutto il Mediterraneo, è il triste testimone
dell’ingiustizia dell’Europa che non accoglie chi cerca rifugio nel nostro
Paese. Tanti, troppi hanno perso la vita per affrontare viaggi della speranza
che si sono trasformati in incubi nella memoria di tutti i sopravvissuti.
L’Adriatico è il mare dove viene applicata la discutibilissima prassi
delle riammissioni dal porto di Ancona verso la Grecia: studi internazionali
testimoniano che qui quotidianamente minori e richiedenti asilo non vengano
accolti. Bisogna prendere atto di questa condizione inaccettabile e attuare
immediatamente misure per ridurre questi illeciti.
Dopo le tragedie di Lampedusa, è necessario
istituire immediatamente un canale umanitario che faciliti la via di fuga a chi
scappa da zone di guerra; giunti in Libia o Tunisia i profughi non dovrebbero
trovare navi militari a contenerli nel continente africano, ma strutture di
accoglienza in grado si ospitarli e uffici dell’Unione europea in grado di
valutare la possibilità di accesso attraverso percorsi di asilo politico.
Queste strutture contrasterebbero anche con la sola istituzione, i trafficanti
che lucrano sulla vita dei migranti.
Per l’Europa è necessario riconoscere il
diritto d’asilo europeo. Guardate il caso della Grecia lo scarsissimo sistema
di accoglienza ellenico evidenzia ancor di più il suo carattere paradossale se
visto in una dimensione europea: l'Unione europea e la troika sono intervenute in
maniera estremamente invasiva per evitare il default finanziario della Grecia e
allora, allo stesso modo, si deve procedere quando si ha una palese violazione
dei diritti. Nel nostro caso la Grecia non è in grado di riconoscere a minori,
richiedenti asilo e migranti, gli standard minimi di accoglienza e andrebbe
commissariata proprio nella gestione di questi diritti.
Su questo ragionamento si dovrebbe lavorare
affinché si creino i termini giuridici per istituire degli sportelli europei
per il diritto d'asilo e la tutela dei minori, in cui gli standard siano
unificati.
Inoltre in un momento in cui i tagli ai
bilanci degli enti pubblici sono all'ordine del giorno, uno dei pericoli
maggiori è che decidiate di sottratte ai territori ulteriori risorse destinate
a tutti quei meccanismi di tutela nei confronti dei minori e dei migranti in
genere. Bisogna difendere e rafforzare i sistemi di accoglienza e integrazione
per rispondere con un sistema efficace ad improvvise emergenze umanitarie. Non
finanziare Frontex, quei
soldi potevate usarli per creare lavoro e non darli ai militari.
Deve essere istituito in tutti i porti
dell’Adriatico, un osservatorio indipendente dalle forze dell’ordine,
costituito da associazioni e istituzioni locali in grado di garantire terzietà
e controlli su quello che accade al di là delle reti del porto e dentro il
sistema di sicurezza.
Noi dopo le stragi di Lampedusa abbiamo saputo metterci in cammino per
affermare la nostra Europa, per abbattere la legge Bossi-fini, le gabbie del
Regolamento Dublino, la politica dei respingimenti in qualsiasi loro forma, per
aprire canali di ingresso legale per chi fugge dalla morte.
E per salvare insieme a loro, anche il destino dell’Europa, il nostro.
Per questo domani saremo a manifestare insieme a precari,
cassaintegrati, studenti, migranti e centri sociali.
AMBASCIATA DEI DIRITTI MARCHE
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