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Lo Zimbawe ridotto alla fame - Metà popolazione nutrita dall'ONU

tratto da repubblica
Sette milioni di persone, secondo il Pam, dipendono dagli aiuti Manca il lavoro, medici e insegnanti fuggono all'estero
Lo Zimbabwe è ridotto alla fame. Fame vera. Cibo che non si trova, che costa troppo caro. Oltre al dramma del colera ormai fuori controllo (3100 morti, 57 mila contagiati), ad un governo fantasma che non si riesce a formare da sei mesi, oltre ad un'inflazione che ha raggiunto l'iperbolica cifra di 231 milioni per cento, i 12 milioni di abitanti dell'ex granaio dell'Africa adesso si trovano a fare i conti con problemi di nutrizione quotidiana.
Sette milioni di abitanti, sostiene un allarmato rapporto del Pam, per sopravvivere dipendono da un aiuto alimentare. Hanno bisogno di assistenza, devono ricorrere agli aiuti degli organismi internazionali e delle ong che a fatica distribuiscono cibi primari e medicine di base. Il Pam, spiega il portavoce del Programma alimentare mondiale nell'Africa australe, Richard Lee, aveva inizialmente previsto che cinque milioni di abitanti dovevano essere sostenuti entro giugno di quest'anno. Ma la gravissima crisi economica e alimentare del paese ha fatto rivedere al rialzo questa stima e ad anticipare i tempi. Già oggi, a fine gennaio, il Pam è costretto a razionare gli aiuti per riuscire a sfamare tutta la popolazione bisognosa. Ogni famiglia riceverà solo 5 chili di cereali al mese, rispetto ai dieci ottenuti fino a dicembre scorso e ai 12 distribuiti nel 2008. Se a questo drammatico dato si somma anche il tasso di disoccupazione che ha raggiunto il 94 per cento della popolazione attiva, non è esagerato parlare di disastro umanitario. Soltanto 480 mila persone, su una popolazione di 12 milioni di abitanti, avrebbero un lavoro pagato. Male e poco, ma pagato. Il resto, praticamente la stragrande maggioranza, resta a zonzo tutto il giorno, spesso tappata in casa perché non è in grado di comprare niente.Molti hanno rinunciato al lavoro, come i docenti, gli infermieri e i medici, perché il biglietto del bus con cui si spostano ogni mattina costa più di quanto percepiscono ogni mese. Tra i sei e i sette milioni sono fuggiti nei paesi vicini. Il governo corre di nuovo ai ripari. Ma con soluzioni tampone che servono solo a rinviare un dramma che domani sarà ancora più grave. Il ministro delle Finanze ha autorizzato l'uso del dollaro statunitense come moneta corrente. Nessuno, nemmeno i piccoli commercianti, i venditori ai mercati, accetta più la moneta locale. La continua emissione di biglietti di taglio sempre più grande, fino ai trilioni, per evitare che la gente facesse le piccole spese quotidiane portandosi valige di carta straccia, non è servita a nulla. La decisione, che provocherà un altro balzo del tasso d'inflazione, è stata presa quando il prezzo di una pagnotta è arrivato a tre miliardi di dollari zimbabwesi. Dopo l'ultimo, lunghissimo vertice mediato dal Sudafrica, è stato raggiunto un accordo per la formazione di un governo. Il presidente Robert Mugabe e il leader dell'opposizione Morgan Tsvangirai hanno accettato l'idea di un compromesso. Grazie alle pressioni dello stesso presidente statunitense Barack Obama, che ha chiamato il presidente sudafricano invitandolo ad accelerare i tempi, è stata accolta la data del 12 febbraio prossimo come termine ultimo per il giuramento dell'esecutivo. Tra molti malumori e il dubbio che, una volta formato un governo, le grandi scelte per risollevare il paese dalla catastrofe saranno al centro di nuove e infinite trattative.

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