ORARI DI APERTURA

Lo sportello legale dell'Ambasciata dei Diritti e l'osservatorio contro le discriminazioni sono in via Urbino, 18 - Ancona. Per appuntamenti o informazioni potete conotattarci scrivendo a ambasciata@glomeda.org

STOP ALLE RIAMMISSIONI VERSO LA GRECIA

Ieri mattina si è determinata l’ennesima tragedia nel Mar Mediterraneo.  Circa 30 mila, dall’inizio dell’anno ad oggi, sono le persone giunte nel nostro paese in fuga da guerre e persecuzioni.
Ieri sera ad Ancona http://www.meltingpot.org/Ancona-ultima-ora-21-40-Circa-80-migranti-su.html#.U3IRKnaHMZ4 sono state trovate circa 80 persone sulla nave Minoan Lines proveniente dalla Grecia. Sono rimaste chiuse tutta la notte all’interno della nave e di queste solo 8 sono state accolte, due minori e sei richiedenti asilo. Le altre, pochi minti fa, alle ore 14, con la stessa nave su cui sono giunte al porto dorico, sono state riammesse in Grecia. Si tratta di giovani uomini, principalmente di nazionalità siriana, alcuni somali e palestinesi. Si tratta delle stesse persone che l’operazione Mare Nostrum salva nelle acque del Mediterraneo. Quelle stesse persone oggi sono state riammesse in Grecia dove il diritto d’asilo non è riconosciuto e la violenza indiscriminata contro i migranti è ben nota a tutti.

Continua...

Feriti e Fuggiaschi al porto di Ancona: Emergenza Accoglienza in Adriatico

Circa 80 migranti su due camion, di cittadinanza siriana e qualche somalo, hanno tentato di eludere i controlli della dogana durante le operazioni di sbarco della minoan lines, proveniente dalla Grecia.
Continua...

In fuga dal sistema di accoglienza italiano... migranti come merce.

 Sono scappati tutti i migranti provenienti da Lampedusa che erano destinati ad essere accolti ad Ancona su richiesta del Ministero dell'Interno. Ieri infatti circa cinquanta migranti su richiesta del prefetto di Ancona erano stati accompagnati ad un “tetto per tutti” scortati da un ingente spiegamento di forze dell'ordine. Erano in prevalenza donne con bambini, alcuni con gravi lesioni, sembra di provenienza eritrea. Verso le 22.00 approfittando del momentaneo allontanamento delle forze dell'ordine sono scappati con i bambini in braccio, abbandonando le poche cose che avevano pur di fuggire dall'Italia. E' noto infatti come la maggior parte dei migranti che approdano nel nostro paese intenda in realtà rifugiarsi nel nord Europa dove le condizioni di accoglienza e di tutela dei diritti sono molto più garantisti. L'episodio evidenzia inoltre come tutto l'apparato di accoglienza messo in piedi dal ministero dell'interno sia completamente fallimentare e percepito dai migranti per quello che effettivamente è, ovvero uno sfruttamento economico fatto sulla loro pelle che ha solo una funzione detentiva e non di inclusione sociale.
L'arrivo dei migranti era stato anticipato due giorni fa da una circolare (n.14100/27) in cui il ministero dell'interno informava i vari prefetti regionali e la pubblica sicurezza che “in questi ultimi giorni sono arrivate oltre 2.800 migranti che si vanno a sommare ai 1.049 già arrivati nei giorni precedenti. La circolare continua affermando la necessità, data l'emergenza, di suddividere i migranti per le varie città italiane (secondo un elenco allegato) che siano assegnati ai vincitori dei progetti SPRAR che nel 2014 sono stati ampliati a 19.000 posti contro il 9.400 degli anni precedenti.”
Nell'elenco allegato figurano 74 città a cui verranno assegnati un totale di 3700 migranti, ad esempio nelle marche sono previsti 50 posti ad Ancona, 50 ad Ascoli Piceno e 60 a Pesaro.
Ecco spiegato il numero dei migranti giunti ad Ancona,
Il 19 marzo un altra circolare del Ministero dell'interno (praticamente identica tranne che nei numeri) distribuiva 2290 migranti per tutte le regioni italiane.
Fin qui sembrerebbe una normalissima procedura di accoglienza, tutto sommato condivisibile, poiché tende ad accogliere tutti ed a suddividere i migranti per impedire situazioni di concentramento che peserebbero troppo su un unico luogo.
Ma per decifrare bene questi numeri va letta bene l'ennesima circolare dell' otto gennaio 2014, con la quale il ministero dell'interno pianifica il business legato agli sbarchi. Viene infatti deliberato che per il triennio 2014/2016 le strutture di accoglienza dovranno ospitare 21.000 posti. (oltre agli SPRAR sono conteggiati anche i CARA ). La circolare sottolinea inoltre che si dovrebbero evitare strutture alberghiere e comunque con una capienza oltre le 100 persone, nota evidentemente aggiunta a seguito dello scandalo legato all'emergenza nord Africa. Ma l'aspetto più interessante è la monetizzazione del migrante infatti per ogni persona è previsto un costo giornaliero di 32, 50 € (2,5€ al giorno vanno direttamente al migrante sotto la voce pocket money), facendo delle semplici moltiplicazioni si ottiene che in tre anni verranno spesi per questo sistema di accoglienza 747.337.500 milioni di euro. Una cifra enorme ma che è solo la fine della catena legata al business dell'accoglienza.
Qualcuno potrebbe facilmente sostenere che, comunque sia, l'Italia investendo queste risorse dà una risposta efficace all'emergenza legata all'immigrazione, ma approfondendo un po' più lo sguardo i nodi vengono al pettine. I progetti SPRAR non sono ancora del tutto attivati, ed in sostituzione di essi si improvvisano situazioni di accoglienza legittimate dalle innumerevoli circolari ministeriali che periodicamente annunciano l'ennesima emergenza, ecco che tornano gli alberghi come il cara di Arcevia (an) dove i migranti vengono parcheggiati per periodi più o meno lunghi con il solo risultato di incassare i 30 euro giornalieri dando in cambia nessuna prospettiva per il futuro. Gli stessi progetti SPRAR possono essere più o meno buoni, e comunque resta il limite dell'accoglienza a tempo non legata ad effettivi percorsi personali di inclusione sociale. Ma dicevamo che l'accoglienza è solo l'ultimo anello della catena degli affari legati agli sbarchi, infatti ai 740 milioni in tre anni destinati alle strutture di accoglienza vanno sommati i 360 milioni spesi per mare nostrum (fonte sole 24 ore che stima un costo di 10 milioni al mese) e altre decine di milioni di euro finanziate dalla comunità europea e fagocitate dai soliti intrallazzi clamoroso il caso di “Connecting People la capofila di una rete di associazioni che hanno scalato le graduatorie del ministero e si sono aggiudicate per ben due volte un milione e mezzo di euro per uno studio intitolato “Nautilus” sulle prospettive dei rifugiati politici in Italia. “ (l'Espresso).

Più si va a fondo più i conti non tornano, non tornano sopratutto perché sono fatti sulla pelle dei migranti e la dove lo stato non riesce a dare una risposta appropriata crea interesse economico. Ci sono migranti che valgono 30 euro al giorno ma ce ne sono altri che non valgono nulla e vanno rispediti al mittente.
Prendiamo il caso di due siriani che scappando dalla guerra cercano di approdare in Italia uno si imbarca in traghetto dalla Grecia, l'altro sale in un barcone dalla Tunisia o dalla Libia. Entrambi rischiano la vita poiché non essendo stato istituito un modo sicuro di arrivare, la loro sorte è legata agli scafisti, alle condizioni del mare e alle autorità italiane. Il siriano intercettato nel barcone vale 30 euro al giorno poiché rientra nell'operazione Mare Nostrum, perché al suo sbarco non troverà un accoglienza degna e perché il ministero dell'interno produrrà l'ennesima circolare per smistarlo in una struttura di accoglienza. Giustamente non può essere respinto poiché potenziale richiedente asilo conseguentemente necessità del tempo adatto per essere ascoltato e per verificare se rientri nei termini di legge per essere accolto.
L'altro siriano nascosto in un doppio fondo di un camion approda al porto di Ancona con altri sedici connazionali, (caso veramente accaduto giorni fa) ma lui non vale niente, seppur sia un potenziale richiedente asilo (visto che viene da un paese in guerra) viene riammesso in Grecia nel giro di poche ore nella stessa nave che lo ha “portato” in Italia.
L'interesse economico supera il testo unico sull'immigrazione e gli accordi internazionali, se vali qualcosa hai una speranza altrimenti no.
Ma Grecia ed Italia fiutato l'affare si stanno già accordando per creare anche nell'adriatico una task force stile Mare nostrum, infatti i ministeri dei due paesi hanno già tessuto la trama che verrà realizzata nei semestri europei 2014 a guida Grecia-Italia.
Ma al di là di tutti i calcoli la vicenda di Ancona dimostra che l'istinto vince sempre e quando ti senti braccato la fuga rappresenta la soluzione migliore...evviva le mamme in fuga che cercano la libertà.
Continua...

Sullo sgombero di Casa de nialtri, ex asilo di via Ragusa

 
5 / 2 / 2014

L’atto di forza del Comune di Ancona e delle forze dell’ordine per lo sgombero dell’occupazione pacifica dell’ex asilo di via Ragusa è inaccettabile. Lo spiegamento di poliziotti in tenuta antisommossa, ha nascosto agli occhi di chi vive al Piano il trasferimento forzato degli occupanti, migranti e senza tetto, che avevano occupato lo stabile abbandonato.
 
La giunta Mancinelli è responsabile dell’utilizzo della forza nella soluzione di un problema non di ordine pubblico, ma sociale: la politica istituzionale ha dimostrato di essere incapace di accettare, riconoscere e ascoltare soluzioni politiche nuove che potessero rispondere in modo autogestito a povertà ed emarginazione.
 
L’occupazione di via Ragusa va interpretata come un atto di resistenza degli occupanti a condizioni di vita insostenibili: è stato un modo collettivo per resistere a quelle politiche tese a creare divisione, discriminazione, sfruttamento e precarietà degli esseri umani, e che generano diseguaglianza e disparità. Agli occupanti va riconosciuto di aver conquistato una fetta di libertà: sono passati dall’essere invisibili ad esistere. 
 
Con lo sgombero di oggi si cerca di cancellare questa storia, di riportare i poveri e i migranti in quello stato di invisibilità per riprodurre quell’effimera condizione di sicurezza portata avanti solo con la scusa dell’ordine pubblico, delle telecamere, dei militari per le strade della città, con la militarizzazione del porto.
 
Responsabili e complici dello sgombero vanno tutti condannati.
Dal sindaco alla giunta, che hanno fatto diventare Ancona una città in cui si chiamano i poliziotti per risolvere problemi sociali.
 
Da chi ha dato l’ordine di intervenire all’alba chiudendo il quartiere e facendo tornare alla memoria le deportazioni, non serve tornare alla seconda guerra mondiale, basta ricordare quelle più recenti della ex Juguslavia.

Noi dal basso ancora una volta siamo per la libertà di resistere.

Ambasciata dei Diritti Marche
Continua...

Il viaggio costituente dal basso

Il 30 gennaio siamo partiti da Ancona la mattina molto presto, ma ce l’abbiamo fatta ad arrivare alle 15.30 a Lampedusa; il vento violento ci ha fatto atterrare nonostante le condizioni di burrasca e di pioggia intensa. Questo viaggio aereo, ci ha dato subito idea di come la vita a Lampedusa, faccia sempre i conti con le leggi del mare e del vento.



I lampedusani con cui abbiamo bevuto un caffè, un bicchiere di vino, nel cui ristorante siamo andati a cena, o che abbiamo incontrato lungo via Roma, ci hanno raccontato che a Lampedusa non si nasce e non si muore. Perché il piccolo poliambulatorio del paese non ha neanche un servizio ostetrico quindi c’è da sperare di aver bisogno di andar all’ospedale di Palermo in una giornata con poco vento con aerei che decollano e atterrano, altrimenti a Lampedusa non si ha diritto di partorire e nemmeno di star male.
Gli unici a morire sull’isola, dicono, sono i migranti.
E dicono anche che a scuola i bambini e i ragazzi, dalle elementari alle superiori vanno a lezione a turni, alcuni la mattina altri il pomeriggio, perché di soldi per sistemare la scuola non ce ne sono e le aule non sono sufficienti per tutti.
Anche per ragioni come queste, i lampedusani non vogliono che il centro di accoglienza sia aperto e che ad esso vengano destinati soldi pubblici.
I lampedusani sono gente di mare e nessuno di loro si sente illegale per aver salvato in quei terribili giorni di ottobre le persone che stavano annegando, averle ospitate in casa propria dandogli da mangiare e bere. Loro a mala pena lo sanno che cos’è il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Sono accoglienti, e lo rivendicano. E quando gli diciamo che siamo d’accordo, che il centro di accoglienza deve chiudere, fanno marcia indietro e ci dicono che in fondo è meglio che il centro ci sia e che i migrati arrivino a Lampedusa perché “almeno loro gli vogliono bene, non come a Mineo che non si sa che fine fanno”.
Siamo andati a Lampedusa per questo. Avevamo appuntamento con decine di associazioni, movimenti, singoli, sindacati, giuristi, gruppi laici e religiosi, da tutta Italia ed Europa, ma avevamo anche l’obiettivo di incontrare chi quest’isola la vive e ai quali è giusto restituirla, nella sua bellezza naturale e con i suoi diritti civili. Ci ha dato forza l’incontro con loro, prima e durante le assemblee di venerdì, sabato e domenica. Ci ha dato la forza per riaffermare ancora una volta che nessun luogo, né Lampedusa né altri vanno relegati a luoghi simbolo del dramma migratorio ad area di frontiera militarizzata. Ci ha dato la forza per riaffermare che per il riconoscimento dei diritti c’è bisogno di un movimento che coinvolga tutto e tutti nei percorsi di costruzione di nuovi diritti e di lotte per la loro conquista.
A Lampedusa va tolta cittadinanza alla detenzione dei migranti e a viaggi disumani per renderla una città educante, curante e accogliente non solo con i migranti, ma anche con quel turismo che a quest’isola dà da mangiare.
Sono stati giorni bellissimi, di conoscenza e scambio, di fatica e soddisfazione, di stanchezza ed entusiasmo, ed ora si riparte ognuno dal proprio territorio, con in mente la gioia di veder su via Roma, centro dell’isola, non solo polizia e militari, ma anche tutti quanti noi parlare con i lampedusani e portare a termine un grande lavoro politico – la Carta di Lampedusa – da cui (ri)partire per immaginare uno spazio EuroMediterraneo diverso per tutti.

Continua...

INIZIANO LE GIORNATE DELLA CARTA DI LAMPEDUSA

L’Ambasciata dei Diritti il 31 gennaio, l’1 e il 2 febbraio 2014 sarà a Lampedusa per scrivere la Carta di Lampedusa, e affermare dei principi che tutelano la libertà e i diritti di tutte le persone, a partire dal fatto che nessun essere umano deve più essere sottoposto a violenze e detenzioni arbitrarie, né tanto meno rischiare la propria vita, solo perché ha voluto o dovuto lasciare il proprio paese per raggiungerne un altro.

L’Ambasciata dei Diritti fa parte del gruppo di associazioni, movimenti, singoli, e sindacati, giuristi, gruppi laici e religiosi provenienti da tante parti d’Italia e da diversi paesi europei e nordafricani.

Questa tre giorni è il primo risultato della proposta lanciata all'indomani della strage del 3 ottobre è già stato raggiunto: la costruzione di un percorso comune. Infatti una bozza della Carta è stata scritta nelle ultime settimane con modalità che ha messo al centro la partecipazione dal basso, ma dove i punti centrali condivisi da tutti sono stati la libertà di circolazione, la chiusura delle strutture di detenzione per i migranti. Il percorso iniziato con la stesura della carta e che continuerà con iniziative dirette per il rispetto dei principi hanno dimostrato che è possibile immaginare percorsi di coalizione, di prospettiva che dal basso disegnino un'altra idea dello spazio euromediterraneo fatta di diritti e dignità.

Vogliamo porre le basi per la costruzione di una nuova Europa e di un Mediterraneo di pace, in cui non ci sia spazio per la militarizzazione, e in cui Lampedusa sia liberata dal ruolo che i governi italiani di qualsiasi colore politico, nonché l’Unione europea, le hanno imposto per troppo tempo: quello di confine e di frontiera.

Si parlerà anche del porto di Ancona, che più degli altri porti dell’Adriatico, è stato militarizzato e isolato con le barriere e le reti previste da un piano security immotivato dalla realtà storica dello scalo dorico, facendolo divenire un’area di frontiera dell’Unione europea dove le merci hanno la possibilità di circolare, mentre le persone vengono bloccate impedendone la libertà di movimento.

Sabato alla sede dell’Ambasciata dei diritti in via Urbino 18 ad Ancona ci sarà un’incontro pubblico per non stop dalle 10 della mattina per seguire i lavori.

Ambasciata dei Diritti Marche
Continua...

La mancinelli arriva il 6 gennaio

Siamo sbalorditi dalle dichiarazioni del Sindaco di Ancona degli assessori Urbinati e Capogrossi che non sapevano dell'emergenza abitativa che da anni affligge Ancona, forse dovrebbero cambiare lavoro.
Visto che non facciamo parte dei firmatari dell'occupazione di via Ragusa non potranno certo accusarci di strumentalizzazione nè tantomeno di non aver aperto un dialogo con le istituzioni, visto che avevamo già denunciato l'emergenza casa dal 2012 rispettando tutti i canali istituzionali, risultato? oggi c'è più gente in strada da allora.
Non sanno che i progetti sprar sono a termine? non sanno che un tetto per tutti offre una brevissima accoglienza che non può certo andare incontro alle esigenze di chi cerca di ricostruirsi una vita... non sanno.
Se non sapete ve lo diciamo noi, in questi anni abbiamo intercettato diversi casi di famiglie e singoli che si sono ritrovati in mezzo ad una strada, nel cercare di dare loro risposte ed aiuto la musica era sempre la stessa: le case di emergenza sono tutte piene, ci sono tante persone in graduatoria, l'edilizia popolare è ferma etc.
Spesso siamo ricorsi ad associazioni caritatevoli (es. suor Pia, circolo africa) o ad autofinanziamento per colmare le lacune del wealfere anconetano, ma orami c'è una saturazione del fenomeno e il volontariato non può dare oltre.
Attenzione non vogliamo fare un attacco agli operatori dei servizi sociali che si trovano a svuotare il mare con un cucchiaino, ma a chi ha la responsabilità politica dell'emergenza, a chi in questi anni non ha saputo prevedere soluzioni alternative, siamo di nuovo al punto zero.
Le case vuote ci sono cosi come le scuole, perchè non dar vita a progetti di auto-ristrutturazione? il comune mette gli immobili e chi ha bisogno il lavoro manuale magari in forma solidale come avviene nelle autocostruzioni. Perchè nascondersi sempre dietro la mancanza di fondi?
Visto che la crisi morde sopratutto le fasce più deboli ed in particolar modo i migranti come mai il comune non ha dato continuità al tavolo dei migranti? uno strumento utilissimo per capire dove ci sono criticità, un tavolo che interessi tutto il terzo settore e non solo alcune individualità.
Sarebbe bastato ascoltare un pò più attentamente chi gestisce i progetti sprar, gli assistenti sociali, le varie associazioni di volontariato o le comunità dei migranti per sapere.
Non è insultando chi da voce ai deboli che si risolve il problema, l'emergenza c'è! nessuno dormirebbe in 60 all'interno di una scuola ora caro sindaco che intende fare? li lascia al freddo?
Invece di organizzare festicciole per la città per il natale e capodanno sarebbe stato molto più solidale ascoltare e dare risposte a tutte le situazioni disperate presenti e visibilissime in città

Buon natale

Ambasciata dei Diritti di Ancona
Continua...

Ringraziamento al mueso Omero

Con la seguente intendiamo ringraziare il museo Omero che ha donato all'Ambasciata dei Diritti" beni di prima necessità raccolti con la manisfestazione "Il terso paradiso" che si è svolta sabato scorso alla mole vanvitelliana.
Questa mattina abbiamo raccolto il materiale e iniziato subito la distribuzione di vesti e generi alimentari.
Vista la situazione di emergenza che colpisce molte persone abbiamo pensato di distribuire una parte del materiale raccolto alla casa di Niantri e l'altra parte a cittadini bisognosi che hanno apprezzato tantissimo il gesto. Speriamo in questo modo di aver dato buon fine alle intenzioni di solidarietà espresse dal museo.

http://www.museoomero.it/

Continua...

Solidarietà con l'occupazione della scuola di via Ragusa

Diamo il benvenuto all'occupazione dell'ex scuola di via Ragusa con la quale si da una risposta concreta all'emergenza abitativa che da anni affligge la nostra città, alla quale le varie amministrazioni che si sono succedute non sona mai riuscite a dare una risposta, ricordiamo che la gravità della situazione era stata segnalata più volte anche nel febbraio 2012 con presidi in comune e picchetti antisfratto, da allora ad oggi non si è fatto nulla. Con l'aggravarsi della crisi ed i fondi "a tempo" destinati a molto richiedenti asilo le persone per strada sono aumentate a dismisura. Un comune che si permette il lusso di tenere chiusi tantissimi edifici che con strumenti di autogestione potrebbero essere subito convertiti ad uso abitativo e dare risposte serie a chi ha veramente bisogno merita queste ed altre forme di disobbedienza.
Occupare per bisogno è un diritto, adesso chi governa si celerà dietro la scusa della mancanza di fondi, dietro le graduatorie etc. Questa musica ha stancato, nessuno mertita di dormire per strada questa è l'unica angolazione con cui guardare il problema. Per questo e molto altra diamo la nostra piena solidarità aglioccupanti e siamo lieti di averli come vicini di casa.
Continua...

IN CAMMINO VERSO LA CARTA DI LAMPEDUSA

L’Ambasciata dei Diritti Marche è una delle organizzazioni che promuove la Carta di Lampedusa. Alla prima webconference realizzata grazie alla piattaforma messa a disposizione da Global Project (www.globalproject.info) oltre settanta associazioni, collettivi, piccole e grandi organizzazioni, hanno partecipato ad uno straordinario momento di discussione ed elaborazione collettiva.
Al centro del dibattito l’incontro a Lampedusa dal 31 gennaio al 2 febbraio del prossimo anno.
Una necessità impellente, come hanno ribadito i diversi interventi, dettata da ciò che è accaduto il 3 ottobre con la tragedia di Lampedusa, dalla necessità di mettere fine alle morti nel Mediterraneo, ma anche e soprattutto dalla consapevolezza che quella tragedia ha richiamato anche i movimenti a rimettersi in gioco.
Perché il 3 ottobre ha certamente messo in crisi la legittimità delle politiche europee in materia di immigrazione, ma al tempo stesso, come accade con l’operazione Mare Nostrum, ha aperto al rischio che quegli stessi avvenimenti vengano utilizzati ancora una volta dalla politica per riaffermare le sue strategie, fatte di pattugliamenti e militarizzazione, di uso del confine per costruire cittadinanza gerarchica e diritti differenziati.
Ecco perché i movimenti sono richiamati a mettersi in cammino: per riempire quello spazio, per non lasciare che tutto rimanga uguale a prima, perché il 3 ottobre sia un punto di svolta per il cambiamento.
La Carta di Lampedusa, non sarà una nuova organizzazione, ma un patto, un manifesto, una dichiarazione, una convergenza di intenti: una fonte di diritto dal basso, non dato, ma legato all’immediata necessità di difenderlo e conquistarlo.
A breve, attraverso un docuwiki inizierà un percorso di scrittura collettiva della proposta da discutere sull’isola: una dichiarazione di ampio respiro, che guarda oltre le questioni specifiche perché è impossibile segmentare le diverse dimensioni che hanno a che vedere con l’Europa e le sue frontiere, ma capace di perseguire immediatamente anche l’obbiettivo.
L’istituto del confine, il diritto d’asilo e le possibilità di circolare liberamente dentro e fuori l’Europa sono indissolubilmente legati ai diritti di cittadinanza, allo sfruttamento, alle discriminazioni che proprio all’interno dell’Europa si ripresentano come confini imposti nuovamente a chi li ha attraversati producendo una cittadinanza, per tutti, gerarchizzata e impoverita.
Per questo a gennaio si discuterà di frontiere e della loro militarizzazione, di cooperazione ed accordi con gli “Stati Terzi”, di diritto d’asilo e di accoglienza, di circolazione europea (Shengen-Dublino-Direttiva/38) e detenzione dei migranti, di sfruttamento e discriminazioni, di Bossi Fini e di burocrazia del dispresso, di diritti di cittadinanza e del loro allargamento a partire da tanti no, che senza ambiguità è venuto il tempo di dire e di ordinare quasi come rappresentassero l’immediata applicazione della carta di Lampedusa, i primi obbiettivi su cui lavorare affinché questa fonte di diritto costruita dal basso possa affermarsi.
L’appuntamento ora è per i primi giorni di gennaio quando si riunirà nuovamente online l’assemblea per la costruzione della Carta di Lampedusa.

Per info: ambasciata@glomeda.org Continua...

ANCONA RESPINGE IL 90% DEI MIGRANTI CHE APPRODANO AL PORTO.

Porti insicuri


E' appena uscito il rapporto di MEDU (Medici per i diritti Umani) sui porti adriatici e sui respingimenti arbitrari compiuti dall'autorità italiana verso la Grecia.
A nostro avviso questo è uno dei migliori lavori scritti sull'argomento, contente una documentazione completa e sopratutto fatto sul campo tra Italia e Grecia.
Ancona insieme a Venezia, Bari e Brindisi è al centro dell'inchiesta, il porto dorico risulta in testa per il numero di riammissioni arbitrarie, compresi minori e potenziali richiedenti asilo. Nel 2012 sono stati 691 i migranti rintracciati ad Ancona di questi 622 sono stati riammessi in Grecia ovvero il 90%.
Le percentuali peggiorano quando i migranti non intercettano in nessun modo l'ente incaricato per l'orientamento socio legale, infatti in presenza dell'ente le riammissioni scendono all'87% mentre in sua assenza salgono al 98%. Questi valori sono stati ottenuti incrociando i dati forniti dal GUS e dal Ministero degli Interni.
I numeri parlano chiaro, nel porto dorico vengono respinti il maggior numero dei migranti che cercano una forma di accoglienza, lo stesso accade a Venezia Bari e Brindisi.
I volontari di MEDU hanno raccolto la testimonianza di 102 riammissioni di migranti provenienti da diversi paesi, l'82% da zone di guerra (Afghanistan, Siria, Sudan etc). Otto migranti su dieci dichiarano di aver richiesto protezione internazionale ma di non esser stati ascoltati dalle autorità italiane, a nessuno di loro è stato rilasciato nessun documento testimoniante il loro respingimento (l'affidamento al capitano senza alcuna documentazione è una prassi della polizia di frontiera).
Il 23% degli intervistati erano minori non accompagnati, la maggior parte di loro ha denunciato trattamenti disumani e in diversi casi violenza da parte della polizia (in maggioranza da parte di quella greca).
Dal rapporto esce una fotografia chiara della situazione alle porte della fortezza europa, miglia di migranti che scappano da zone di guerra (sarebbe più corretto chiamarli profughi) restano vittime di tutta una serie di violenze che sembrano non avere mai fine ma cambiare solo di intensità. Ci sono le violenze dei trafficanti di vite umane a cui diversi affidano il loro viaggio di speranza, ci sono le frontiere con muri e sorveglianza militare che contengono le persone tra Bulgaria, Grecia e Turchia, ci sono le violenze xenofobe e violenze burocratiche che imprigionano migranti in centri di detenzioni o sistemazioni ancor più estreme. Anche la frontiera verso est ha la sua Lampedusa si chiama isola di Lesbo ma essendo fuori dal territorio italiano se ne parla poco o nulla.
Qui si può scaricare l'intero rapporto:
http://www.mediciperidirittiumani.org/
Continua...