La popolazione si mobilita contro l’apertura di una sede di Casapound ribadendo il proprio rifiuto ai seminatori di odio e intolleranza
Era ampiamente preventivabile che la nascita del governo guidato da
Lega e Movimento 5 Stelle aprisse in Italia una nuova fase politica e
sociale, sdoganando definitivamente fascisti e razzisti di ogni risma
grazie anche al robusto contributo offerto dalle politiche per
l’immigrazione del precedente esecutivo guidato da Paolo Gentiloni, che
con il famigerato decreto Minniti aveva abbattuto l’ultimo argine di civiltà a favore di una società accogliente, solidale e inclusiva.
Di sicuro non è un’esagerazione dire che quello che si respira
attualmente in tutto il Paese è un clima tremendamente simile a quello
degli anni venti del Novecento. Le numerose aggressioni nei confronti
dei migranti, moltiplicatesi da nord a sud nel corso degli ultimi mesi,
gli atti di squadrismo ai danni di militanti antifascisti, come di
recente accaduto a Bari, e persino le farse giudiziarie, come quella ha
portato all’arresto del sindaco di Riace Mimmo Lucano, sono i segnali più evidenti di una grave deriva antidemocratica che rischia di travolgere tutto e tutti.
Tuttavia, di fronte a questo quadro inquietante, e pur con
tutte le difficoltà del momento, la fondamentale mobilitazione e il
protagonismo di movimenti e organizzazioni antirazziste sembra
incoraggiare il risveglio sociale di molte coscienze,
annichilite dal bombardamento mediatico che negli ultimi anni ha dipinto
il fenomeno immigrazione in termini esclusivamente allarmistici, al
solo scopo di alimentare paure e stereotipi spesso privi di fondatezza.
In tal senso una prova arriva da Ancona, dove sabato 6 ottobre un
lungo e festoso corteo si è articolato tra le vie dei quartieri popolari
e multiculturali Archi e Piano San Lazzaro, mentre a poche centinaia di
metri era in corso l’inaugurazione di una nuova sede di Casapound, alla
presenza del leader nazionale Simone Di Stefano.
La manifestazione, indetta da diverse realtà , ha visto sfilare
centinaia di persone dietro parole d’ordine inequivocabili: chiusura
immediata del covo fascista e nessuno spazio per razzismo e intolleranza
nel capoluogo dorico. Insomma un netto no alla provocazione di
Casapound, che per avviare la sua opera disgregatrice volta a fomentare
la guerra tra poveri ha scelto proprio il quartiere meticcio di Piano
San Lazzaro, dove la percentuale di cittadini stranieri residenti è di
circa l’80% e, al di là della deformata lettura propagandistica della
destra e dei partiti populisti, si registra un buon livello di
integrazione sociale, grazie soprattutto alla presenza di numerose
associazioni e di attività economiche gestite da immigrati.
Un insediamento che è stato accompagnato nei giorni precedenti dai
proclami intimidatori (ma che in realtà non intimidiscono nessuno) di
qualche lugubre personaggio locale dell’organizzazione neofascista, che
attingendo al solito e ridicolo armamentario xenofobo si è scagliato
contro ogni forma di multiculturalismo, bollando come ghetto un’intera
comunità dove italiani e immigrati vivono e lavorano fianco a fianco e i
loro figli frequentano le stesse scuole e gli stessi spazi ludici.
Significativa, dunque, è stata la scelta di tante persone, in larga
parte abitanti dei due quartieri, che durante la sfilata del corteo si
sono uniti spontaneamente ai manifestanti facendo proprio lo slogan
della manifestazione, “Ghetto in Marcia contro razzismo ed esclusione sociale”, identificandosi così con l’universo di valori contestato da Casapound.
Una presa di posizione ferma, assunta nel solco della migliore
tradizione antifascista che da sempre caratterizza la città, ma
soprattutto una dimostrazione di forte consapevolezza in merito alla
necessità di non concedere alcuna agibilità politica a chi predica
l’odio razziale, anche quando, proprio come in questo caso, la loro
presenza si risolve nella pura testimonianza di uno sparuto gruppo di
squallidi esaltati.
Non a caso, infatti, anche sabato, come sempre avviene quando
Casapound decide di organizzare iniziative ad Ancona, a dare man forte
alla decina di camerati locali, sono giunti militanti da tutta Italia e
in particolare dal Lazio, regione in cui, peraltro, sono tristemente
noti i legami che uniscono i fascisti del terzo millennio alla
criminalità organizzata in un universo di affarismo e violenza che va
spazzato via dai nostri territori.
Cosa ne sarà del progetto di dichiarato da Casapound, quello di
radicare il partito in città per presentarsi alle prossime elezioni
amministrative, sarà solo il tempo a dirlo. Tuttavia il palese
nervosismo e le scomposte dichiarazioni rilasciate dallo stesso Di
Stefano ad alcuni giornalisti locali in merito all’ostilità manifestata
nei loro confronti dalla città, fa propendere per l’idea che,
ancora una volta, l’ennesimo tentativo di radicare un’organizzazione di
estrema destra ad Ancona, come avvenuto alcuni anni fa con Forza Nuova, è
destinato miseramente a fallire.
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